BlogKṛṣṇa, l’avatāra dell’Amore

Kṛṣṇa, l’avatāra dell’Amore

La storia dell’avatāra di Kṣṇa è una delle più affascinanti e amate nel contesto della mitologia induista. Secondo la tradizione vedica, Kṣṇa è considerato l’ottavo avatāra (incarnazione) di Viṣṇu.
Kṣṇa è nato a Mathura, una città nell’attuale Uttar Pradesh, India, circa 5.000 anni fa, all’interno di una famiglia kṣatriya (la casta guerriera) durante un’epoca di grande turbolenza politica e sociale. La sua vita è stata descritta in vari testi sacri, principalmente nel Mahābhārata, nel Bhāgavata Purāṇa ( conosciuto anche come Śrīmad Bhāgavatam) e nell’Harivaṃśa

La sua infanzia è celebrata nelle storie di Kṣṇa balak (Kṣṇa bambino), dove si raccontano le sue avventure giovanili, tra cui la sconfitta di demoni come Putana e Trinavarta e le sue interazioni gioiose con i pastori del luogo.

La sua adolescenza e giovinezza sono dominati dalle sue relazioni con le gopi (pastorelle) di Vrindavan e, soprattutto, con Rādhā, la sua amata. Le sue danze con le gopi, particolarmente il celebre Rasa Līla, sono considerate rappresentazioni dell’amore divino e della connessione tra l’anima individuale e la divinità.

Ma è soprattutto il suo ruolo nell’epica del Mahābhārata a catturare l’attenzione. È durante questo periodo che Kṣṇa agisce come il consigliere e l’alleato di Arjuna, uno dei principali eroi del poema epico, durante la grande guerra di Kurukṣetra. È nel corso di questo conflitto che Kṣṇa pronuncia il celebre discorso filosofico conosciuto come Bhagavadgītā, dove espone insegnamenti profondi sulla vita, il dovere, la devozione e il destino.

La sua vita si conclude in un modo drammatico. Anche se considerato un sovrano pacifico e un leader saggio, Kṣṇa è coinvolto in intrighi di corte e conflitti politici. La sua morte, descritta nel testo sacro Bhāgavata Purāṇa, avviene per mano di un cacciatore che lo scambia per un cervo. Tuttavia, secondo la tradizione, Kṣṇa non muore veramente, ma ritorna alla sua forma divina.

Le storie di Kṣṇa incarnano molti aspetti dell’esperienza umana e degli ideali spirituali, tra cui l’amore, la saggezza, la giustizia e la compassione. La sua figura è ampiamente venerata e adorata in molte parti dell’India e del mondo induista.

Nell’immagine sopra, è raffigurato come Kṛṣṇa Veṇugopāla, ovvero Kṛṣṇa suonatore di flauto (veṇu) e pastore delle mucche (gopāla). Il  pavone rappresenta l’immortalità. C’è un secondo richiamato dal pavone in basso a destra della figura, insieme alla ghirlanda di fiori e alla postura a gambe incrociate.
Alla sinistra di Kṛṣṇa, qui troviamo la sua innamorata Rādhā che simboleggia l’anima individuale eternamente legata al Dio. Dietro Kṛṣṇa, l’immagine di una mucca a cui si appoggia, Surabhī, che vive nel paradiso di Kṛṣṇa, Goloka. La mucca è dispensatrice di beni e per questo è sacra e non può essere uccisa. Sono le mucche che dopo la morte degli uomini consentono loro di attraversare un fiume sotterraneo (il Vaitaraṇī) pieno di coccodrilli per giungere all’altra riva dove disporranno di un nuovo corpo per la successiva reincarnazione.
Kṛṣṇa è vestito di giallo (pitāṁbara) colore della divinità solare che illumina il cosmo; la sua pelle è invece blu, o nera, sia per indicarne la pervasività nello spazio, sia per segnalarlo come manifestazione dell’Essere supremo nell’attuale era del kali yuga essendo le altre tre precedenti ère contrassegnate da manifestazioni della divinità rispettivamente bianca, rossa e gialla (questi colori delle manifestazioni delle divinità delle differenti ère corrispondono ai quattro colori dei varṇa o caste).

wikipedia

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